Così Samuele Vassallo racconta Arianna Occhipinti su Wine in Sicily:
Arianna Occhipinti mi ricorda un po’ gli esordi di Philip Glass. Giovane, in divenire e ostentata dai canoni “classici” di certe produzioni che non esaltavano la sua avanguardia vinicola. Un’avanguardia, che come tutte le avanguardie, guardava indietro, come una sorta di rincorsa per lanciarsi nel nuovo.
Nel tempo ha accettato critiche e diffidenze, preferendo le prime alle seconde, bypassando qualsiasi collocazione di genere e parole da archiviazioni storiche o giornalistiche che lasciano il tempo che trovano, come “Ars Nova”, “Post Punk” o “Minimalismo” che potrebbero raccontare tutto e il contrario di tutto. E questo, Arianna Occhipinti lo ha capito, sgusciando via da etichette tout court e concentrandosi nella sua personale estetica produttiva.Una scelta, la sua, che non prevede nessun fanatismo di sorta; quello dove una ragione è assoluta e deve vincere sull’antagonista come una qualsiasi puntata di Mazinga Z.
Non è facile comprendere un vino della cantina Occhipinti ed è questo il paradosso che accomuna il suo percorso con quello di Philip Glass. Entrambi hanno scelto, ciascuno nei rispettivi ambiti, una strada, volendo, “semplice”: il ritorno alla tonalità, la ricerca di un humus elementare da trattare con raffinatezza e artifizi che prevedano un tocco di oriente.
Sì, in alcuni suoi vini si può intuire il quarto di tono tipico della musica orientale, capace di arricchire e per nulla interessato a contraddistinguersi come vino “etnico”.
C’è una forza che vive e si sviluppa nella ricerca stabile della buona causa, figlia della verità e dell’amore. Gandhi la chiamò Satyagraha e Philip Glass, nel 1979, gli dedicò una memorabile opera in tre atti. Arianna Occhipinti, anni dopo, prosegue la sua Satyagraha, fatta di amore, consapevolezza e una giustificata ricerca del giusto, con un piglio capace di portare dei frutti che non vedono l’ora di risolversi in un bicchiere.
Sorgente: La “Satyagraha” di Arianna Occhipinti – Wine in Sicily